L’accordo Smithsoniano e la fine dell’epoca dell’oro
Dopo che il dollaro Usa sul finire degli anni 60′ perse molto terreno nei confronti del marco tedesco, con la Bundesbank a cercare di tamponare la falla del dollaro, si decise di sospendere la convertibilità del dollaro con l’oro. La fine dell’”epoca dell’oro” è datata 1971, anno in cui il dollaro Usa si era indebolito nei confronti di tutte le principali valute internazionali. Gli Usa attuarono un piano mirato a controllare con maggior rigore il livello dei prezzi e dei salari, al fine di evitare altri possibili cedimenti futuri della moneta che avrebbero potuto rendere problematiche i legami di affari con gli altri Stati.
Il Bretton Woods venne così sostituito dal cosiddetto “Patto Smithsoniano” (Smithsonian Agreement), con cui i paesi più forti economicamente stabilirono il prezzo dell’oro in 38 dollaro all’oncia.
In questo modo si crearono nuovi rapporti di cambio per le valute, con oscillazioni portate dall’1 al 2,25% rispetto al dollaro.
Questa fu una soluzione ovviamente temporanea per dare tempo di riflettere alla Comunità Europea, visto che lo scarto massimo dal dollaro non poteva impedire oscillazioni maggiori (fino al 9%) tra i paesi della Cee.
Così nel 1972 i 6 stati che avevano già aderito alla Cee, più 4 nuovi stati, crearono un nuovo sistema di cambio per limitare l’oscillazione tra le monete europee del 2,25%, proprio come quella con il dollaro.
Purtroppo, però, questa scelte non fu delle più rosee, ed il sistema peggiorò anziché migliorare. Infatti prima la sterlina, poi le monete di Danimarca, Irlanda e Italia uscirono dal sistema, iniziando a fluttuare per proprio conto.
Arrivarono così i primi tentativi di costringere gli stati a far fluttuare le monete in un’unica banda, anche se le prospettive di un’ Unione Monetaria Europea erano ancora magre.